“E’ la causa, è la causa, anima mia,
è la causa; ma non verserò il suo sangue
né scalfirò la sua pelle più bianca della neve
e liscia come alabastro sepolcrale.
Pure deve morire
O tradirà altri uomini.”
W. Shakespeare
Othello è l’unica tragedia di Shakespeare in cui il sistema sociale e politico rimane intatto sino alla fine. Non c’è nessuna ribellione armata contro il potere costituito. Per questa ragione viene detta “tragedia domestica”. E’ una tragedia dell’io, un...
“E’ la causa, è la causa, anima mia,
è la causa; ma non verserò il suo sangue
né scalfirò la sua pelle più bianca della neve
e liscia come alabastro sepolcrale.
Pure deve morire
O tradirà altri uomini.”
W. Shakespeare
Othello è l’unica tragedia di Shakespeare in cui il sistema sociale e politico rimane intatto sino alla fine. Non c’è nessuna ribellione armata contro il potere costituito. Per questa ragione viene detta “tragedia domestica”. E’ una tragedia dell’io, una catastrofe intima e privata.
Il primo atto dell’opera si svolge interamente di notte. Shakespeare ambienta la prima parte del lavoro in una Venezia cupa, nera, rischiarata solo dalla luce delle fiaccole.
La Venezia del tempo è il luogo del magico, dell’esotico, è considerata la porta dell’Oriente: Othello è il simbolo dello straniero, del forestiero, del diverso inserito in una società gerarchica e patriarcale. Egli è tutto ciò che l’Inghilterra puritana del primo seicento non poteva accettare di essere. Il consiglio d’emergenza nel palazzo del Doge ci parla di una situazione di grave crisi: i turchi sono alle porte.
La guerra è in atto: l’insicurezza interiore dei personaggi del dramma è riflessa nell’insicurezza dello Stato. Siamo in un momento di pieno declino di una grande società mercantile (società che ha molto in comune con l’Inghilterra del primo Seicento). Il concetto di “reputazione” e “posizione sociale” in questo momento storico è fondamentale per l’individuo: quando una civiltà è al suo declino l’individuo non ha che se stesso e la propria immagine pubblica su cui contare. La superficialità con cui le persone vengono giudicate dall’apparenza è indubbia.
In questa società è l’immagine che si dà di sé che determina i destini.
Othello, perdendo il controllo della propria emotività, perde il potere e il rispetto di tutti, sacrifica la propria importante posizione sociale e si sottrae improvvisamente alla consuetudine di un sistema che affonda le sue fondamenta nella menzogna. Othello dice la verità. O almeno crede. Desdemona è la sua vittima sacrificale. E’ una donna di grande moralità, molto coraggiosa. In questa società puritana e moralista, fugge con il Moro, il diverso.
Si inimica anche il padre, lascia Venezia e pur di portare sino in fondo la propria passione, le proprie idee, segue Othello nel suo viaggio difendendo da tutto e da tutti, sino in fondo, il proprio sentimento.
Shakespeare, in quest’opera, in fondo inscena una parte del suo “lato oscuro”. Non sono casuali i continui riferimenti di Iago alla potenza sessuale di Othello, al carattere fortemente carnale e sensuale del rapporto tra Othello e Desdemona.
Il Bardo trasferisce una fortissima carica sensuale su un essere “diverso” da sé e da ogni inglese del tempo, un essere che viene genericamente definito “il Moro”. Così facendo può liberamente esplorare il regno della carnalità, del “possesso dei corpi”, della gelosia sfrenata, senza colpevolizzazioni da parte del puritanesimo del tempo. Gli anfratti del castello di Cipro divengono il luogo delle sue ansie e delle sue ossessioni. La stanza da letto diviene il centro delle sue fantasie.
Il letto, luogo in cui si nasce, si dorme, si fa all’amore, si giace malati, si muore, diviene simbolo di un voto tradito: Othello, uomo vincente e sicuro di sé, viene persuaso da Iago della malafede di Desdemona. Il Moro semplicemente agisce ciò che Iago pensa.
Un elemento di grande modernità del testo è il concetto di privato trasformato in pubblico. Oggi i media in tempi rapidissimi informano tutto il mondo di vicende privatissime dei governanti, strumentalizzandole per fini politici o sensazionalistici. Sappiamo tutto della vita privata di Presidenti e capi di governo. Il concetto di “privato” vacilla e quasi non esiste più. Nella nostra realtà quotidiana viviamo ormai un’illusione di “privato”. Ogni nostro gesto, invece, è pubblico, registrato da mille telecamere, ripetuto e analizzato, ogni nostra conversazione ascoltata ed intercettata, sia da una televisione, da un organo di polizia o da un’amante gelosa. Ogni azione si trasforma inevitabilmente in atto pubblico e politico. La dimensione interiore emotiva viene praticamente cancellata dai ritmi della nostra vita quotidiana: siamo continuamente confusi e frastornati da mezzi di comunicazione invadenti e debordanti, “persuasori occulti” che promettono una vita migliore, luccicante, piena di soluzioni e nuovi Dei a cui votarci. E’ una realtà di telecamere, telefoni, televisioni e corpi in vetrina. E’ ciò che Umberto Galimberti definisce “la pornografia e la prostituzione del proprio intimo”.
La vita intima di Othello viene sbattuta sulla pubblica piazza, diviene preda delle intromissioni indecenti da parte di estranei. Tutto comincia a falsarsi. Ciò che conta non è più la concretezza del rapporto tra i due protagonisti del rapporto d’amore, ma ciò che terze persone pensano e dicono su quel rapporto. Othello non è un “nero geloso”. E’ un essere tutto d’un pezzo, grande sia nel coraggio che nella fragilità. Sono la sua ingenuità e la sua fierezza a portarlo alla rovina e all’omicidio. Egli non è in grado di gestire la malvagità di Iago e le sue velenose intromissioni non perché sia un idiota o un credulone geloso, ma semplicemente perché non può concepire la malignità, non la considera possibile. La grande colpa di Othello non è la gelosia. E’ l’ingenuità.
Daniele Salvo