Nei lavori dell’ultimo periodo in Shakespeare è all’opera una dinamica della veridicità assoluta che parte
dall’Amleto e culmina nel Racconto d’Inverno.
René Girard, Il teatro dell’Invidia
Scrivere delle note di regia prima di cominciare il lavoro con gli attori mette sempre in crisi, perché è grazie a loro che darò vita a questo Racconto d’Inverno. Gli ingredienti saranno semplici e essenziali: un ottimo testo, bravissimi attori e uno spazio magico: il Silvano Toti Globe Theatre di Roma. Il tu...
Nei lavori dell’ultimo periodo in Shakespeare è all’opera una dinamica della veridicità assoluta che parte
dall’Amleto e culmina nel Racconto d’Inverno.
René Girard, Il teatro dell’Invidia
Scrivere delle note di regia prima di cominciare il lavoro con gli attori mette sempre in crisi, perché è grazie a loro che darò vita a questo Racconto d’Inverno. Gli ingredienti saranno semplici e essenziali: un ottimo testo, bravissimi attori e uno spazio magico: il Silvano Toti Globe Theatre di Roma. Il tutto gestito con cura, attenzione e divertimento. L’occasione è importante: 400 anni dalla morte del Bardo. Mi permetterò quindi di condividere appunti e riflessioni su un percorso sempre aperto.
L’umanità dei personaggi disegnati da Shakespeare è sempre sorprendente e il Racconto d’Inverno sconvolge per la modernità di quelli che lo abitano e muovono. Il racconto, la cronaca dell’inverno del cuore, il tempo delle passioni, dove la ragione si perde, dove tutto si dilata e comprime nel sentire di ovidiana memoria. Dove la morte e la vita, il dolore e la gioia più allegra e sfrenata ci parlano dritte al cuore. Dove si racconta di terre distanti, forse immaginate dall’autore, mai viste ma non per questo meno reali, di terre vive dalle forti tradizioni popolari, con chiari e distinti codici, la Sicilia e la Boemia. Si racconta di due amici Fraterni, Leonte, re di Sicilia, e Polissene, re di Boemia. Della regina di Sicilia, Ermione, accusata di avere una relazione, e di più, accusata di aspettare quella figlia che sta per nascere dal re Polissene, che giusto nove passaggi di Luna, nove mesi, si è fermato in Sicilia per far visita all’amico che non vedeva da quando erano poco più che ragazzini innocenti. Si racconta di un sospetto. Felicità nella voce, sorrisi sinceri, qualcosa di troppo: tutto ha inizio quando Polissene deve partire e Leonte chiede ad Ermione di parlare, DI convincerlo perché possa restare ancora qualche giorno, perché lui proprio non riesce a far cambiare idea all’amico.
LEONTE “Ha la lingua legata la mia regina? Parlagli tu.”
ERMIONE “(…)Tu gli parli con troppa freddezza…”
Poco più avanti le sentiamo dire: “Resterà.”
Da qui l’ossessione. Polissene si è fatto convincere da Ermione, non ha ceduto alle preghiere di Leonte ma per lei è rimasto. La fragilità. La cecità. La sordità. La paura. Poi un’azione decisa e tutto sembra perduto. Non in un inverno, in una notte: in un lampo, in un tempo che non riusciamo ad afferrare, ripreso da una soggettiva insonne. L’amico, minacciato di morte è costretto a scappare, Ermione accusata di tradimento e di essere una puttana di fronte a tutti, si difenderà con una dignità lucida, degna delle grandi donne della storia del mondo, di quelle che hanno difeso le nazioni o protetto i figli dietro le gonne ancora bambini a costo della vita, le donne pronte a morire per l’onore, unica eredità che lei vuole lasciare al figlio, il piccolo Mamilio e alla neonata, Perdita. Ma il re non vuole credere, troppo è sicuro, anche se il sonno inizia a mancargli, lui sa che la verità è una, la sua, e ci si trova imbrogliato, impicciato in mezzo, impiccato, e scivola in un pozzo sempre più scuro. Mamilio, suo figlio, quello che sa essere suo, perché sono due gocce d’acqua, si somigliano, lo dicono tutti, quello che è il suo vitellino, quando lui si vede bue cornuto, il suo conforto, la speranza del regno, l’eredità, muore. Muore di dolore. Si dice che è morto dopo una malattia per l’angoscia, per il dolore nel vedere la madre tanto offesa, oltraggiata. Alla notizia Ermione cade. Sembra un mancamento ma Paolina, l’intelligenza attiva, la dama che sa ed è pronta ad agire e a sfidare persino il re, esce, accudisce la regina, l’aiuta, rientra:
PAOLINA: ” è morta.”
Il colpo sveglia il re. Odiare e amare non hanno grandi confini. Tanto più hai amato, tanto più l’odio potrà essere distruttivo feroce, cieco. Nell’ultimo lavoro che ho diretto, TRIBES (Tribù) al piccolo Eliseo di Roma, si indagava la sordità, la mancanza di comunicazione e ancora l’impossibilità a comunicare e non solamente per oggettivi e osservabili motivi. Ho cercato di nuovo il Racconto d’Inverno perché mi avrebbe permesso di continuare un’indagine da un punto di vista diverso: tutti dicono a Leonte qual’ è la verità oggettiva, che Ermione è innocente. Lui non vuole sentire. Gli stanno così dicendo che lui non è cornuto, che non è stato tradito, ma è troppo tardi: perché lui si sente tradito e cornuto e quindi, possiamo aggiungere con un filo di voce, nella sua verità, lo è. Ermione muore e Leonte si pente. Molti critici giudicano troppo repentino il suo pentimento. Ma vi è mai capitato di vedere le cose per come esattamente erano e non solo per come le avreste volute, solamente quando ormai non c’era più rimedio? Di vedere all’improvviso chiaro di aver sbagliato strada proprio quando non c’è più modo di tornare indietro. Di vedere la scelta giusta solo immediatamente dopo un addio, a caldo, e dire “no, non avrei voluto”. Leonte si pente (Poenitere se: sentir sincero dolore e vero rincrescimento di aver commesso un fallo), si pente immediatamente perché vede che non può andare oltre, forse aveva bisogno di un limite, di un confine estremo. Riuscito, suo malgrado, a raggiungere l’assoluto, la distruzione, in un colpo morti sposa e figlio, è costretto a fermarsi. Intanato Perdita è stata abbandonata in Boemia, dove viene trovata da un Pastore e dal suo figlio Clown.
Ecco poi un personaggio nuovo e centrale: il Tempo, viene a dirci che sono passati sedici anni, per dirla con Frye, un grande protagonista, Tempo, Tempo che opprime, tempo che redime. Ed è da qui che alla più alta tragedia si unisce la più vivace commedia che si presenta quasi come un musical ante litteram, ambientato in una favolistica Boemia, dove Polissene contrasta l’amore del figlio Florizel per Perdita, che non sospetta di essere la principessa di Sicilia. E ancora una volta la modernità di Shakeaspeare si supera. In Romeo e Giulietta gli adulti imbecilli si oppongono per questioni di rivalità proprie all’amore dei due giovani, generando l’irreparabile: Giulietta e Romeo muoino. Polissene è contrario all’unione di Florizel con Perdita, non per la sua apparente condizione – lui è un principe, lei agli occhi di tutti una pastorella- non perché figlia del fu amico Leonte, perché ancora non lo sa, ma perché Florizel non vuole interpellarlo, metterlo a parte della sua scelta di sposare l’amata creatura. Non vuole condividere con il padre il suo progetto e lo considera solo per i suoi averi. Anche se sarà capace di rinunciare persino a quell’eredità e a scappare con Perdita, fino in Sicilia, per amore, solo per amore.
Che dire di Autolico, il ladro, il furfante, l’uomo che ruba e gode, l’anima della Boemia, della vita, divertente, irriverente, cantante sfrenato e suo malgrado parte attiva nello svolgimento che ci condurrà al finale. Un finale magico, inaspettato. Dove tutto si ricompone, Ermione, la nostra moderna Alcesti, torna a vivere, ammesso che fosse morta, e amici, amanti, quasi tutti si ricongiungono. Mamilio, la speranza di tutti non c’è più, ma è tornato ciò che sembrava perduto, allora si può tentare di procedere oltre, Perdita è la nuova speranza. Che sia destino, magia, sogno o altro sarà Shakespeare a dirci subito dopo il Racconto d’Inverno, nella Tempesta, che ” siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” e allora non ci resta che perderci per tentare ancora una volta di ritrovarci.
Il mio unico obiettivo quando approccio un lavoro è semplicemente quello di indagare tra le pieghe, insieme agli attori, con l’aiuto dei tecnici e il sostegno di tutti i collaboratori. Creare una squadra disposta a giocare, pronta a perdersi per trovare nell’essenzialità assoluta la voglia di raccontare ancora una storia e condividerla con gioia con il pubblico. Il racconto d’inverno è una storia per tutte le età. É una delle ultime opere che Shakespeare ci ha regalato e in qualche modo contiene e sviluppa il seme di molte delle precedenti che il pubblico, soprattutto il grande pubblico affezionato del Silvano Toti Globe Theatre di Roma, già ha avuto modo di conoscere. Un’opportunità da non mancare, proprio in occasione dell’anniversario dei 400 anni dalla morte, per incontrare una delle opere in Italia meno rappresentate. Faremo del nostro meglio, con semplicità e amore.
Elena Sbardella